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Immagine del redattoreIstituto di Bioquantica Applicata

IL "MISTICISMO QUANTISTICO"

A cura del Dott. Valerio Sgalambro

Prendo spunto dalla lettura di un Blog(1) e da un articolo(2), pubblicato qualche anno fa, il quale si presenta in maniera decisamente più autorevole rispetto al primo. Entrambi le pubblicazioni mettono in risalto un attacco diretto alla cosiddetta “popular science”, in merito ai temi trattati circa la complessità della fisica teorica contemporanea e del suo impianto filosofico. Essa, secondo suddette pubblicazioni, favorirebbe l’insorgere di numerose concezioni al limite della pseudoscienza, allo scopo di aumentare notevolmente quell’appeal da parte dei profani per trovare una cornice scientifica di riferimento che fornisca supporto alle loro ideologie.

Da entrambe le letture emerge chiaramente che una parte del grande pubblico, in assenza di una solida preparazione scientifica, utilizzerebbe in modo al quanto improprio il termine "quantico" quale passepartout per sdoganare corbellerie prive di qualsiasi fondamento scientifico.


L’articolo del blog mette poi in evidenza come i fisici si siano ribellati all’utilizzo improprio del termine quantistico:

“attraverso un’impressionante manifestazione che è partita dal Niels Bohr Institute di Copenhagen, sede in cui insegnò e lavorò uno dei padri della meccanica quantistica. La manifestazione ha sfilato pacificamente attraverso la città al grido di "Not in My Name!" "Non nel mio nome", sostenevano i fisici, tradotto con l’affermazione: non ti permettere di usare il termine quantistico per giustificare le stoltezze in cui credi quando nella vita non sai fare manco una proporzione. Sullo stesso tenore, numerose forme di protesta si sono presto diffuse ovunque nel mondo, vedendo in prima linea scienziati di tutti i continenti”.


A prescindere della veridicità delle fonti, ciò che è stato riportato nei due articoli citati, in un certo qual modo, da parola al pensiero di tanti, i quali giustamente dissentono e guadano con sospetto i nuovi cultori della new-age quantistica.

Del resto è difficile non dare ragione a queste voci, le quali rappresentano, anche se in modo non evidente, il pensiero di molti operatori olistici che cercano di nascondere la loro incompetenza scientifica rifugiandosi sotto la coltre autorevole di svariati dettami presi indebitamente in prestito dagli autori della fisica dei quanti.


Il nostro Istituto, sensibile alla tutela delle innovazione scientifiche, è nato con il preciso intento di effettuare una rigorosa divulgazione delle tematiche inerenti le scienze di frontiere, cercando nel contempo di sopprimere le evidenti esagerazioni solipsistiche e improvvisate a favore di una più precisa e attenta diffusione di idee che siano suffragate da rigorose evidenze scientifiche.

Questo non significa rilegare le scoperte scientifiche in ambito strettamente accademico o incastonarle nei laboratori di ricerca poiché, a nostro avviso, si commetterebbe un errore nel versante opposto. Le scoperte scientifiche infatti hanno decisamente interferito con la nostra evoluzione implementato il benessere a favore di una sempre migliore qualità di vita.


Come sosteneva Emilio del Giudice, uno dei più grandi fisici contemporanei, le scoperte scientifiche veramente importanti non sono mai state realizzate da scienziati che indagavano nel loro campo di competenza, ma da altri studiosi appartenenti a diversi ambiti gnoseologici. Gli specialisti infatti entrando nel profondo della loro ricerca perdono la connessione con il contesto; per loro sono più importanti i dettagli e i particolari piuttosto del processo stesso, perdendo per questo la visone d’insieme.


La mission dell’Istituto di BioQuantica non è quella di promuovere o partecipare direttamente al campo della ricerca tecnico-scientifica, poiché non possiede nè gli strumenti nè i mezzi per operare in questa direzione. Il suo intento, al contrario è quello di mutuare le più autorevoli evidenze scientifiche per poterle dopo confrontare e solo successivamente trasporle nelle dinamiche della relazione d’aiuto, avvalendosi della preziosa collaborazione degli autorevoli membri del Comitato Scientifico.

Esistono già anche in Italia realtà che si stanno occupando con successo di impiegare le innovazione della fisica quantistica come ad esempio in ambito medico e informatico. Tuttavia in ambito socio-psico-pedagogico soltanto adesso sta iniziando una rivoluzione culturale. Ovviamente tale innovazione deve essere maggiormente tutelata poiché, trattandosi di materie che si occupano della soggettività dell’essere, come è facile immaginare, l’ermeneutica quantistica si potrebbe prestare alle più stravaganti e libere interpolazioni.


Il nostro Istituto a tal proposito ha promosso un registro di soci professionisti, i quali si occupano della relazione d’aiuto alla persona e dimostrano di possedere comprovate competenze in ambito quantistico, al fine di evitate degli estremismi che metterebbero in cattiva luce l’operato di tanti specialisti che desiderano svolgere con diligenza, impegno e responsabilità la loro professione servendosi di strumenti mutuati dalle scienze di frontiera.


Se pensiamo che già negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso il pensiero europeo stava riscoprendo il misticismo orientale, in particolare attraverso le opere di Arthur Schopenhauer, illustri fisici come Niels Bohr e Wolfgang Pauli furono influenzati dal pensiero buddista e taoista. Pertanto possiamo tranquillamente affermare che la fisica quantistica alle sue origini abbia cercato di dare delle spiegazioni ai tanto decantati enigmi dalle antiche correnti spirituali. Soprattutto Pauli, grande amico di C.G. Jung, influì moltissimo nel pensiero dello psicanalista svizzero, in particolare sulla teoria della sincronicità.


Successivamente negli anni ‘90, grazie al fisico e matematico Roger Penrose e al neurofisiologo Stuart Hameroff, la fisica quantistica fu chiamata in causa per spiegare i processi mentali umani, a causa del fatto che la mente umana è capace di risolvere problemi cosiddetti indicidibili, vale a dire problemi che non possono essere risolti attraverso procedimenti algoritmici. Nel tentativo di comprendere cosa rendeva il cervello umano così diverso da un elaboratore elettronico, Penrose suggeriva che il segreto peculiare della coscienza umana si cela nella meccanica quantistica e in particolare nel problema irrisolto della misura. L’indeterminazione quantistica messa in luce nel teorema di Bell infatti rende indecidibile lo stato di un sistema quantistico finché non si verifica la sua riduzione, ovvero la manifestazione del collasso d’onda.

Se consideriamo che già agli inizi degli anni trenta la fisica quantistica non riusciva a dialogare con la fisica del macrocosmo o fisica newtoniana, si creò una divergenza la quale condusse a una battuta di arresto dell’approccio quantistico.


Ad oggi purtroppo non siamo ancora riusciti a trovare la tanto desiderata “teoria del tutto”, molto cara ad Albert Einsten. Per questo motivo ai nostri giorni si preferisce parlare di “fisica unitaria”, ovvero di un sistema capace di spiegare sia i meccanismi verificatesi a livello subatomico sia quelli che si verificano a livello cosmologico.

Appare evidente come all’interno di questo permanente e non ancora risolto dilemma della fisica unitaria, la componente umana non può essere messa da parte in quanto: quello che accade fuori di noi modifica profondamente quello che succede dentro di noi, poiché tutto è in costante interconnessione.


Bibliografia


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